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Cara Simone,

mi sembra che fra noi ci siano ancora tante cose da dire. Il moltissimo che ho ricevuto mi ha colmato di riconoscenza, di un gran bisogno di rispondere. D’altra parte, i suoi libri non mi hanno ancora detto tutto. C’è una regione, la più ricca, la più affascinante, situata dentro di noi, la cui straordinaria energia è raccolta e proiettata dalla “jeune fille rangée”, solo in parte dalla “force de l’age”, che aspetta un altro libro.

Che peccato che lei sia così famosa, Simone! L’aureola della celebrità si muta per me in una cappa impenetrabile di vetro, ecco perché non riesco a trovare il coraggio di avvicinarla in altro modo: temo, più di ogni cosa, che questa cappa respinga il mio trasporto fin dall’inizio, lo freddi, lo umilii. Ma voglio che lei sappia almeno che, oltre il caffè Rosati e i consacrati del Canova, c’è qualcun altro e, come me, molti, moltissimi altri, ai quali lei ha dato, coi suoi libri, una consapevolezza in più e quindi ricchezza e coraggio. L’amiamo molto per questo. Ma io credo di amarla un poco più degli altri.

 

                                                                              Velia Sacchi

 

p.s. Tutto ciò che in questa lettera le sembrerà presunzione, lo ascriva alla grande timidezza e alla goffaggine che ne deriva, la prego.

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Cara Velia,

mi hanno dato la sua lettera qualche giorno fa. Grazie. Mi ha dato coraggio, una lettrice che mi ama e me lo dice così gentilmente. E io ho bisogno di coraggio per scrivere il terzo ed ultimo libro delle mie memorie, il più difficile rispetto agli altri. Veramente, la sua lettere mi ha molto turbata e spero che lei senta tutta la mia simpatia.

 

                                                                                        Simone de Beauvoir

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